“IL LUOGO DOVE SI TROVANO, SENZA CONFONDERSI, TUTTI I LUOGHI DELLA TERRA, VISTI DA TUTTI GLI ANGOLI”. RICORDI, TRACCE E MEMORIE IN VIAGGIO NEL TEMPO.
Numerosi i temi, gli aspetti, le caratteristiche in cui si sviluppa il percorso creativo di Antonio Taschini. Tracce segni simboli e memorie del passato, lo scorrere del tempo che unisce ieri ed oggi e stratifica i ricordi, come in uno scavo archeologico, in linguaggio simbolico, in mappature.
Un fare artistico dal sentore di antiche botteghe, materiale d’elezione la ceramica, contaminata spesso da altri materiali come il ferro e la corda e la foglia d’oro.
Le superfici delle sue sculture, nella loro tridimensionalità, sono pagine di un racconto, utili all’artista e alla sua narrazione, pagine su cui scrivere lettere di un linguaggio antico o tracciare simboli segni e immagini, nella loro successiva stratificazione di ricordi del reale e dell’immaginario, dall’osservazione dell’ambiente (segni, impronte, tracce e misure dell’esistenza dell’Umanità).
Le sue sculture sono composizioni geometriche, sfere e ruote, cubi, cilindri e
pietre, cristalli, vasi, corazze, gabbie e architetture, ma abbiamo anche teste e figure di uomini e animali, che si sovrappongono e contaminano senza più distinzioni, tra loro, di tempi e di ere, frammenti dal passato che si fondono anche con simboli e linguaggi della cultura e tecnologia contemporanea, ristampati e quindi di nuovo stampo, che rappresenteranno l’archeologia del futuro.
I segni i simboli quadrati, cerchi, triangoli, scale, assi cartesiani, piramidi si presentano in combinazioni come fossero lettere di un nuovo linguaggio, non manifesto, occulto come le formule di cerimonie e rituali. Taschini ritiene fondamentale, nella sua operatività artistica, l’attenzione e dedizione alla creazione e lavoro manuale, personale e originale, artigianale, di bottega.
Importante, dunque, è il processo del produrre arte, oltre che l’opera finita,
l’attenzione e la cura nel comporre, nella precisione e nell’equilibrio formale, per il significato e soprattutto il senso e il valore estetico delle opere, per dare loro capacità di trasmettere sensazioni e spessore interiore, di poter e sapere coinvolgere dunque l’osservatore. Come avviene per l’infinito blu catturato ed impregnato nelle opere monocolore Monocromi blu di Klein per poi impregnare i suoi spettatori.
Nel caso particolare delle figure, le sculture indicano testimoni del tempo, nostalgia della bellezza classica, che l’artista attinge da protagonisti di miti, personalissime ricomposizioni di frammenti, rielaborazioni di mitologia nel contemporaneo, come in Autoritratto – Ho aperto gli occhi. Ciò che l’artista crea è dunque opera viva che trasmette ed evoca emozioni e intuizioni: nonostante le sue opere siano fortemente connesse alla geometria nella loro presenza tridimensionale, e nel risultato superficiale, con linee definite a costruire segni e simboli, dimostrano al tempo stesso una grande spontaneità emotiva e spirituale del fare artistico, caratteristiche che lo accomunano all’implacabile ricerca dell’essenziale di Piet Mondrian.
La stessa materia principalmente utilizzata, l’argilla, che l’artista sceglie appositamente con una forte componente di sabbia silicea, per la sua granulosità arcaica ha sapore di materia primordiale, ed è già soggetto essa stessa dell’opera, un contenuto, non solo contenitore mezzo e supporto, lavorata grattando la superficie cotta per ottenere un risultato poroso, a volte ravvivato dal colore, con l’utilizzo di smalti e ossidi e foglia d’oro.
Taschini richiama dunque la classicità e al tempo stesso la contemporaneità, di senso e significato, un vero viaggio nel tempo: dai materiali ai soggetti, arcaico e presente, classico e tecnologico, passato e tradizione, contemporaneo ed un futuro scientifico e quasi fantascientifico, musica e archeologia.
Le gabbie, le corazze, i simboli, i colori essenziali, gli smalti e ossidi e materiali antichi. Si compone una geometria nelle opere nel loro complesso che ricorda le proiezioni geometriche di Achille Perilli e di Arnaldo Pomodoro, I guardiani alieni di Gino De Dominicis, mutuati dai racconti di Zecharia Sitchin che immaginava viaggi di Civiltà, da altri pianeti, sulla Terra in ere remote, promuovendo i salti nell’evoluzione del genere umano: spazio, tempo, tecnologie, antico e futuro.
Come, ad esempio, Sitchin presenta in Il pianeta degli dei, in cui reinterpreta le
vicende dell’antica Mesopotamia, la storia dei Sumeri e l’Epopea di Gilgames.
Presentare e contaminare lo ieri e l’oggi è dunque una sfida per Taschini. Una sfida nel suo lavoro presentato nella mostra: un’arte di contaminare innanzitutto materiali all’apparenza diversi se non opposti, come ad esempio l’argilla il metallo. Dal soft dal fragile all’hard al forte. Poi contaminazione nelle opere in un percorso di rinvio dall’immaginario al mondo reale della figura umana, con ispirazione classica, in un percorso autonomo e perciò riconoscibile nel panorama del contemporaneo, come già Igor Mitoraj.
Ancora, sfida nell’inserire le proprie opere contemporanee in un contesto e in richiami ad un passato ricco di storia, di stratificazioni millenarie, quasi reperti archeologici ritrovati scoperti conosciuti ed interiorizzati nell’oggi, come Taschini ci presenta nella scultura della mitica Arca o mostrando sculture di misteriosi Monoliti che attraversano il tempo, come nella Odissea nello spazio di Stanley Kubrick.
Reperti con richiami a uomini, sacerdoti e divinità, al sacro e al profano della vita, come con le armature pronte per essere indossate: mezzi busti che appaiono e ci osservano, senza però parlare, a testimoniare la continuità della Tradizione, testimoni e memorie, con la difficoltà però a parlarci e comunicare nel presente, apparizioni sul teatro dell’umanità come i manichini del passato remoto, come le Muse Inquietanti dell’arte metafisica di De Chirico , o le figure aliene di De Dominicis. Come quasi delle comunità che attraversano i tempi e gli spazi: a sottolineare i fattori che uniscono e danno valore all’umanità, come il coraggio, la dignità, la coerenza e lealtà, la volontà e forza d’animo.
In un contesto della modernità o post modernità, Taschini nella mostra invita a guardare l’oggi con il paradigma di valori di ieri e viceversa. Una sfida a cui l’artista ci sollecita, anche mostrando sfere come mondi, in viaggio tra passato presente e futuro, con ingranaggi complessi.
Taschini è anche cantante lirico. Affascinato da sempre al mondo dell’arte, al disegno da cui l’attenzione alla precisione e ai dettagli - dal 2007 avvia la produzione dell’arte come quella in mostra.
La famiglia ha influenzato le sue attenzioni, riflessioni e studi, con il padre architetto e una zia archeologa: le due discipline da sempre lo attraggono, l’architettura e geometria, l’archeologia. Ha iniziato con il disegno e con superfici piatte, seguiti da vasi e dischi, poi lo scavare le superfici fino alle figure e alle geometrie e ai codici dell’alfabeto tra antico moderno e contemporaneo. Ritrovandosi nei racconti di Jorge Luis Borges raccolti nell’Aleph.
L’Aleph è la prima lettera dell’alfabeto ebraico, anche con valore di numero 1. Aleph rappresenta perciò l’inizio, dell’alfabeto e della numerazione, e pertanto è connessa ad Adam, la più “nobile” creatura di Dio: il nome Adam inizia infatti con aleph. Aleph è anche un libro di racconti brevi dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. I racconti furono pubblicati prima in riviste argentine, poi raccolti in libro nel 1949. Nell’edizione del 1952 l’autore aggiunse ulteriori quattro racconti alla collezione e una postilla; nell’edizione del 1974 curò una revisione del testo.
Nel libro sono presenti i temi universali prediletti dell’invenzione di Borges, che ritroviamo trattati anche nell’arte di Taschini: il tempo, la metafisica, la morte l’immortalità e l’eternità, i labirinti, l’infinito, la personalità, la sofferenza il dolore e il destino. Temi universali che vengono intrecciati all’unicità e non replicabilità dell’esperienza individuale umana. Il titolo del libro prende il nome dall’ultimo racconto, in cui uno dei protagonisti descrive l’Aleph come “il luogo dove si trovano, senza confondersi, tutti i luoghi della terra, visti da tutti gli angoli”. (5)
Con materia d’elezione la citata ceramica, la musica e l’archeologia sollecitano nell’opera di Taschini simbolismi arcaici accanto a simboli moderni, come il simbolo del nucleare o qr code o codice a barre.
Le sculture di Città sono sospese nel silenzio, pur nella loro operosità: ricordano
le città di un futuro distopico di Blade Runner, in cui niente è certo sull’identità di
umani e replicanti, se non i loro sogni e speranze!
Le Ruote e le Sfere richiamano mondi e la loro vita; presenti anche Cubi contenitori di acqua, elemento fondante la vita già per i filosofi classici greci presocratici. Infine, le figure o, meglio, ritratti, mezzi busti, vestiti, corazze che richiamano sculture antiche, in gabbie che racchiudono, sostengono, slanciano: sono appunto quasi reperti già vissuti, qualcosa che si ritrova e ci si presenta, a cui manca però la parola. Una penetrazione di antico nel moderno, che mostra la fragilità del vivere, una fragilità come un tallone di Achille dell’umanità, espresso nelle sue sculture di gabbie che trafiggono le corazze, o il Cristo Numerato, come S. Sebastiano.
G. Martano (a cura di) Yves Klein. Il mistero ostentato, raccolta di saggi, scritti, copia in foto dell’originale Dimanche, in tasca su copertina retro, Martano Editore, Torino 1970. B. Corà et al. (a cura di), Spiritualità e materialità nell’opera di Yves Klein, Giornata di studio internazionale (Centro per l’arte contemporanea Pecci – Prato; 18 novembre 2000, Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain - Nice, 19 maggio 2000), Gli Ori, Prato 2000. G.A.Tirloni, Yves Klein, essere nell'infinito. La visione dell'arte e la retrospettiva 1970: il caso giudiziario. Edizioni Efesto, Roma 2018.
Z. Sitchin, Il pianeta degli dei, Pickwick / Piemme, Milano, 2013.
Z. Sitchin, Il pianeta degli dei, Pickwick / Piemme, Milano, 2013.
AAVV, De Dominicis. Scritti sull’opera e riflessioni dell’artista, Allemandi, Torino, 2014.
J. L. Borges, L’Aleph, Feltrinelli, Milano, 2024, p. 161.
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