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Anima & Inchiostro

Gianluca Paolisso

 

Tutto nasce da un segno o da una cicatrice.

 

Gianni Brucculeri ha un solo tatuaggio, poche linee di inchiostro nero sul braccio destro: “J'avrei portato l'acqua co' l'orecchia!”. Un verso tra i più belli de La cicatrice, poesia in cui Trilussa racconta l’amore di una donna nei confronti del proprio marito.

Quella frase tipicamente romana a Gianni ricorda suo padre, trasteverino doc. Una storia d’affetto e ricordi incisa sulla pelle.

Anche da questo verso nasce l’interesse di Brucculeri nei confronti del tatuaggio.

All’inizio del percorso di Anima e inchiostro Gianni aveva una sola certezza: raccontare un mondo del genere non sarebbe stato facile, per la sua vastità e complessità intrinseca, ma di certo si doveva percorrerlo con la fotografia. Immagine su immagine. Ritratto su ritratto.


Il tatuaggio. Estetica o racconto di vita?

 

Cosa vuol dire imprimere una frase, un’immagine sulla pelle? È solo una necessità estetica, il bisogno di differenziarsi dalla massa o qualcosa di più profondo?

Nel suo viaggio - oltre alle foto che avrebbero dato vita a ritratti dalle luci caravaggesche, in cui i tatuaggi spiccano come colori su una tela bianca - Gianni ha ascoltato le storie di tante persone. Tra chiacchierate informali e vere e proprie interviste, si è reso conto di quanto il tatuaggio assuma ogni volta un peso, un valore, un significato diversi: per alcuni è solo estetica, per altri il racconto di un momento di vita, di un dolore o un ricordo che non si vuole lasciar sfumare.

Allo stesso tempo, Gianni ha indagato sui cambiamenti radicali che il tatuaggio ha attraversato negli ultimi anni: da simbolo di fede - i marcatori di Loreto - o di appartenenza al circolo degli ultimi, degli emarginati, dei libertini della società - carcerati, marinai - l’inchiostro su pelle è diventato un fenomeno di massa. In molti casi una vera e propria espressione artistica.




Approccio, tra immagine e racconto.

 

Anima e inchiostro si articola in due linee di racconto parallele e allo stesso tempo legate a filo doppio: la prima, ovviamente, è quella visiva. Gianni ha scelto di viaggiare dal tutto al niente, dal corpo interamente tatuato al corpo bianco, privo di inchiostro… più pulito, forse? No, il percorso supera i vecchi pregiudizi con uno scatto da centometrista, ci racconta di una accettazione quasi totale del tatuaggio nella società contemporanea e ancor di più: manifesta la normalità del tatuarsi. I ritratti di Brucculeri amplificano memorie lontane, impresse sulla pelle, in cui la soggettività dell’individuo si muta in immagine e inevitabilmente racconta una storia. Necessaria per i soggetti fotografati, e forse anche per il pubblico.

 



La seconda linea di racconto è strettamente narrativa: Gianni, in prima persona, racconta la sua esperienza di fotografo, gli ambienti, i momenti e le persone che sarebbero diventate i soggetti protagonisti dei suoi ritratti, senza tralasciare i dubbi e le incertezze di chi per la prima volta si approccia a un mondo prima di quel momento sconosciuto. Pagina dopo pagina si scoprono dunque le storie di diverse persone, al di là dell’immagine: le esperienze di vita, gli sguardi, i ricordi, gli affetti, le mancanze… fino a tornare da dove si è partiti: dall’unico tatuaggio di Gianni, da quel verso di Trilussa impresso sul braccio destro. Da segno a segno, da cicatrice a cicatrice.


Tutto questo rende Anima e inchiostro un racconto fotografico in fieri, che giorno dopo giorno, di ricerca in ricerca, si avvale della collaborazione di nuove persone e inevitabilmente scopre nuove storie.



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